Mercato del lavoro: perchè l’esperienza scompare nella ricerca dei nuovi lavori? Post di Viviana Picco
Negli ultimi anni non viene più considerato un valore aggiunto l’esperienza….con il suo portafoglio di risultati raggiunti. Non fa curriculum. Non fa gola alle imprese che cercano profili. Perché?
Le aziende non vogliono investire, temono di dover affrontare una spesa troppo elevata per personale che invece porterebbe stabilità.
Negli annunci di lavoro per rendere appetibile una società la si descrive come giovane e dinamica senza più valorizzare gli aspetti come quelli di essere solida e ricca di contenuti.
Non si tiene conto che la vita si è allungata come, l’età pensionabile (chimera di molti) per cui anche l’età professionale dovrebbe essere rivista sotto altri parametri.
E questo crea la disoccupazione degli over 40. Il conflitto più evidente è tra i disoccupati junior e tra i disoccupati senior. In un mercato veloce e flessibile si dovrebbe prediligere o comunque non escludere chi anche con 20 anni di esperienza e un suo bagaglio professionale importante, continua ad avere la voglia di apprendere seguendo il modello vincente della formazione continua, anche nel digitale.
Spesso sopra i 35 anni si inizia ad aver raggiunto anche una stabilità famigliare ed emotiva dovuta alla maturità che permette di incanalare la maggior parte delle energie nella professione. Secondo l’ISTAT infatti il calo dell’occupazione è concentrato nella classe di età centrale dei 35/49 enni.
E non tenere conto dell’esperienza e dei risultati discrimina anche le donne e rovina l’incontro tra domanda e offerta di lavoro creando proprio il famoso mismatch. In Europa secondo i dati del Word Economic Forum, le donne sono le prime al mondo per iscrizioni all’università e purtroppo ultime per partecipazione al mercato del lavoro.
L’Italia è il primo paese al mondo per quantità di donne che si iscrivono a percorsi di formazione terziaria, ma sono 118 su 140 le peggiori in Europa per la partecipazione alla vita economica del paese. Su 10 persone che si scoraggiano e smettono di cercare lavoro 6 sono donne.La disoccupazione femminile è di 3 punti più alta di quella maschile.Per far ripartire l’Italia si dovrebbe far lavorare la parte più istruita della popolazione, non bisogna ignorare che è il secondo stipendio che permette alle famiglie di avere più di un figlio e questo garantirebbe l’aumento demografico e la sostenibilità del nostro sistema sociale.